La prima volta che ho sentito parlare della Latimeria ero all’università, assistevo a una lezione di zoologia dei vertebrati. Saranno si e no vent’anni fa, o poco meno. (Tralascerò qui di notare che gli anni passano con una velocità vergognosa, fino a sembrare minuti.)
L’ultima volta che ho sentito parlare della Latimeria è stato pochi giorni fa, a un’altra lezione. Non ero all’Università e l’argomento della lezione non era la zoologia dei vertebrati. Si stava parlando di apparato respiratorio umano e, grazie alla mia innata abilità nel perdere il filo e grazie ai soliti interventi fuori tema, siamo passati ai pesci antichi. Non so ancora come.
Fatto sta che tornare a parlare della Latimeria mi ha suscitato un vespaio di ricordi e ha fatto rinascere interessi sopiti. Perché è piuttosto interessante la vicenda di questo pesce (la Latimeria è un pesce, sì, noto anche come celacanto): per anni si credette che lei e i suoi parenti stretti (non troppo stretti, in realtà l’intera classe dei Sarcopterigi) fossero ormai estinti. E non da poco: estinti dal cretacico (tra 146 e 65 milioni di anni fa, anno più, anno meno). Li si studiava solo grazie ai resti fossili.
Sudafrica. Un bel giorno di dicembre del 1938, presso la foce del fiume Chalumna, viene pescato uno strano pesce blu, con delle pinne ventrali e pelviche (quelle “sotto la pancia”) che assomigliano un po’ a delle zampette. È un bel pescione lungo 1 metro e mezzo, oltre mezzo quintale di peso. I pescatori lo portano al museo naturalistico di East London (Sudafrica), dove lavora Marjorie Courtenay-Latimer. Quest’ultima capisce di avere a che fare con qualcosa di ignoto. Chiede aiuto a J.L. Brierly Smith, suo amico ed esperto ittiologo. Risulta che non si tratta solo di una specie sconosciuta ma di un vero e proprio fossile vivente, l’unico esemplare di un’intera classe che si credeva scomparsa coi dinosauri. Uno scoop!
La nuova specie venne chiamata Latimeria chalumnae e, se avete letto con sufficiente attenzione, potete ben intuire da dove arriva il nome.
Ma il celacanto non era solo un fossile vivente, era anche difficilissimo da pescare: ci vollero 14 anni e perfino una taglia di 100 sterline (dead or alive!) perché ne saltasse fuori un altro esemplare. Fu pescato in un altro bel giorno di dicembre, stavolta però al largo delle isole Comore (Oceano Indiano, non lontano dal Madagascar).
Poi si scoprì che gli indigeni non solo la pescavano piuttosto spesso ma erano anche poco contenti quando se la ritrovavano nella rete: avevano provato ad assaggiarla e, ignari di mangiarsi un fossile vivente, non la consideravano un granché come cibo. Forse sapeva un po’ di vecchio, verrebbe da dire.
Più o meno a questo punto ero rimasto. Ho anche rispolverato il vecchio libro su cui ho studiato, Zoologia dei vertebrati, di Enrico Vannini (edizione 1982): si parla di “unica specie attuale”. Ma la storia continua.
Per sapere come va a finire dovrete aspettare il prossimo post.
Nel frattempo potreste fare una gita al Museo di storia naturale di Milano, dove si trova l’esemplare più vicino a noi. Questo se ne volete vedere uno dal vivo (si fa per dire: è un calco).
Se preferite potete guardarvi questo raro filmato di un celacanto in libertà:
2 commenti:
Prof sò che è una domanda un po' schifosa ma cosa sono i funghi dei piedi???
Carissimo Anonimo,
1) sono tentato di non risponderti perché non mi piace non sapere con chi sto parlando (la prossima volta scrivi il tuo nome, grazie);
2) mi sfugge il nesso tra questo post, dove si parla di pesci, e i funghi dei piedi;
3) faccio l'insegnante, non l'enciclopedia ambulante
4) credo tu sia uno (o una?)di prima A, suppongo che l'informazione ti serva per il lavoro sui microrganismi. Ti direi che ne parliamo a lezione ma prima di lunedì, giorno di consegna, non abbiamo lezione. Diciamo che ne parliamo durante l'intervallo? Durante il cambio dell'ora?
5) si sa che sono troppo buono, quindi butto lì 2 o 3 link che ti possono aiutare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Piede_d%27atleta
http://www.lapelle.it/dermatologia/miceti.htm
http://www.ildermatologorisponde.it/Micosi.html
Posta un commento