martedì 29 marzo 2011

Sbagliando si insegna

Wassily Kandinsky, Cerchi in un cerchio
Non è prudente e non è proficuo dileggiare chi sbaglia. Non è prudente, perché nessuno può mai sapere quanto sarà grosso il prossimo errore che farà egli stesso. Non è proficuo perché il dileggio richiude bruscamente quello spiraglio che ogni errore apre sulla parte nascosta del mondo, bella o brutta che sia.
(Stefano Bartezzaghi, Anno sabbatico)

L'anno scorso. Una normale lezione di geometria in seconda media. Argomento: circonferenze. Lancio qualche piccola provocazione e la lezione comincia a prendere vita: "e se raddoppiassi il raggio della circonferenza a?", "e se il centro coincidesse proprio con il punto P?".
La lezione non solo prende vita, mi prende anche la mano: gli "e se...?" si susseguono in un flusso che ormai fatico a controllare. Adesso sto improvvisando, sto inseguendo le circonferenze. Qualche ragazzo annuisce, qualcuno inarca un sopracciglio, qualcuno, là in fondo, si è perso e sta rinunciando a venirmi dietro.
A un certo punto butto lì una domanda, qualcosa tipo: è possibile tracciare una circonferenza che passi per questo punto e anche per quest'altro? La butto lì con noncuranza studiata.
Penso: adesso diranno che si può fare ma a me è chiaro che non si può. No, non si può proprio perché l'angolo al centro... il triangolo inscritto nel semicerchio... l'angolo alla circonferenza... la distanza tra i due centri... il teorema di Cartesio sulle circonferenze... (insomma: non so cosa stessi pensando, ma di sicuro qualcosa che mi sembrava molto acuto e molto colto).
Infatti, una prima mano alzata: "sì, si può".
"Ecco che ci cascano", penso.
Una seconda mano alzata: "sì può, sì".
"Sicuri?" ammicco.
Un'altra mano: "...sì!".
"Sicuri sicuri?" insisto. Ma l'ombra di un dubbio si affaccia. Penso: non è che mi sto sbagliando? Non è che hanno ragione loro? Ma no, naturalmente no.
Quindi rilancio (astuto. Sono una volpe) : "allora provate a disegnarle".
È il passo falso definitivo. Perché riescono a disegnarle. Ci riescono, non c’è niente da fare.
Guardo un paio dei loro disegni, mugugno qualcosa, torno alla lavagna, abbozzo un disegno.
Nel frattempo tutti, dico tutti, sono indaffarati con riga e compasso. Sembrano tanti novelli Euclide.

Ormai è chiaro che la maledetta circonferenza si può tracciare, eccome.
Per un attimo prendo in considerazione la possibilità di arrampicarmi sugli specchi, buttare lì qualche spiegazione fumosa, cambiare discorso. Ma ho imparato che la sincerità funziona molto meglio. E se questo non bastasse, alzo lo sguardo e ventisette paia di occhi mi stanno guardando. Anche quello là in fondo, quello che si stava addormentando, adesso è più che sveglio. Anche quegli altri due, che stavano giocando a tris pensando che non me ne accorgessi, hanno sospeso la partita e sono attentissimi.
Non funzionerebbe, non riuscirei a trovare diversivi abbastanza buoni.
“Avete ragione, mi sbagliavo. Molto bene”.
Ventisette sorrisi soddisfatti. Suona la campanella.

Fuori dall’aula, camminando nel corridoio, scuoto la testa. Ma sorrido: mai vista una classe tanto interessata alla geometria piana. È stata una buona lezione, soprattutto per me: forse, con un po’ di pratica, potrei imparare a sbagliare più spesso.