martedì 26 ottobre 2010

Olimpiadi di astronomia 2011

Leggo su Gravità Zero e rilancio: chi ha 13-16 anni può partecipare alle olimpiadi italiane di astronomia 2011.
Di cosa si tratta? Una gara per ragazzi appassionati di astronomia, con preselezioni, gare interregionali, gara finale nazionale e, gran finale, gara internazionale.
Chi fosse interessato deve, intanto, partecipare alla fase di preselezione. Basta scrivere un tema di argomento astronomico, inviarlo via internet e incrociare le dita.

Per essere più preciso: un estratto dalla pagina ufficiale.
  1. Consulta http://www.olimpiadiastronomia.it e scarica il Bando ufficiale delle Olimpiadi di Astronomia 2011.
  2. Scrivi il tuo elaborato, sfruttando la tua passione per l’astronomia, consultando i tuoi insegnanti, la biblioteca della tua scuola, l’Osservatorio Astronomico, il Planetario o il Museo scientifico della tua città, internet… L’importante è che il tuo elaborato sia originale e frutto del tuo personale pensiero!
  3. Registrati alle preselezioni e invia il tuo elaborato online entro il 29/11/2010.
  4. Se supererai la fase di preselezione, potrai sostenere la prova scritta interregionale il giorno 21/02/2011 nella sede regionale a te più vicina. Se verrai selezionato, sarai invitato a partecipare alla finale italiana il 17/04/2011 a Reggio Calabria.
 So che molti hanno letto La chiave segreta per l'universo, il libro di Lucy e Stephen Hawking (chi non l'avesse ancora fatto, lo legga: non è niente male). Avete presente George che partecipa al concorso di scienze? Ecco, questa può essere la vostra occasione. Anzi è meglio.

lunedì 25 ottobre 2010

Micro

Per prendere il microscopio bisogna chiedere le chiavi dell'infermeria.
L'infermeria si riconosce perché dentro c'è un lettino tipo medico e una scrivania. Non ho guardato con attenzione, ma non credo ci siano farmaci di alcun tipo (nessun può somministrare farmaci a scuola). In un angolo, però, c'è una pianola e un paio di scatoloni. In un altro angolo c'è un armadio metallico. Ecco, dentro l'armadio c'è il laboratorio di scienze.
L'armadio è chiuso a chiave. La chiave ce l'ha l'insegnante X. L'insegnante X non c'è perché oggi è il suo giorno libero. Per fortuna basta forzare con delicatezza le ante scorrevoli e l'armadio si apre.
Così possiamo prendere il microscopio.
Prendiamo anche un sacchetto di plastica con alcuni vetrini portaoggetto (già usati, ma basta ripulirli un po'), un paio di pinzette (arrugginite, ma fanno comunque il loro lavoro) e una boccetta di tintura di iodio (un po' rinsecchita, ma basta allungarla con un po' di alcool). Un paio di pipette, un po' d'acqua e via.
In classe sbucciamo una cipolla e tentiamo di vederne le cellule, oppure qualcuno si sfrega uno stuzzicadenti in bocca e tentiamo di vedere le sue cellule (bleah!).
Cose così. La tintura di iodio, per chi se lo chiedesse, serve come colorante. Funziona. Abbastanza.
Certo, c'è anche chi usa metodi e strumenti un pizzico più avanzati.
Ad esempio Alvaro Migotto, che ha scattato questa foto.
Cos'è? Un fiore? Un frutto? Un elica? Una caramella gommosa gusto arancia? Due sederi un contro l'altro? Una palla-pesca, come sostiene mio figlio?
In realtà è l'embrione di una stella marina (Echinaster brasiliensis) fotografato con 60 ingrandimenti. È allo stadio di quattro cellule (qualcuno, ad esempio in prima A, ricorderà che abbiamo parlato di mitosi, sviluppo embrionale, quelle cose lì).
La foto ha partecipato al concorso di fotografia al microscopio Nikon International Small World Photomicrography Competition. Non ha vinto, ha solo ricevuto una menzione d'onore. Il vincitore ha fotografato il cuore di una zanzara. Poi c'è una foto di salsa di soia cristallizzata, quella di un cristallo di ghiaccio ingrandito 40 volte, quella delle spore di una felce. Insomma: un tesoro in ogni dove.

martedì 19 ottobre 2010

L'autostrada invisibile


Gli uomini sanno volare?
Questione di punti di vista, direi. Non ho mai visto una persona spiccare il volo come può fare un passero o un pipistrello, per dire. Ma gli uomini sanno volare nel senso che hanno saputo costruirsi degli strumenti per sollevarsi da terra. Giusto?

Allora i ragni sanno volare, proprio come gli uomini.

Sì, quegli esserucoli con otto zampe e quattro paia di occhi. Quelli che schiacciamo appena li scopriamo in un angolo della nostra casa. Non hanno le ali ma hanno inventato la mongolfiera (d'accordo, i fratelli Montgolfier hanno poi apportato alcune modifiche non da poco).

Non è una novità. Darwin, durante il suo lungo viaggio sulla nave Beagle ne incontrò parecchi. Nel suo libro Viaggio di un naturalista intorno al mondo, scriveva: "Un giorno, a Santa Fé, [...] un ragno lungo sette millimetri [...] mentre era sulla cima di un palo, emise quattro o cinque fili dalle sue filiere. Questi luccicavano al sole e parevano raggi di luce divergenti; non erano però dritti, ma ondulati come un velo di seta mosso dal vento. erano più lunghi di un metro e divergevano verso l'alto, a partire dalle filiere. Il ragno lasciò improvvisamente il palo e fu portato in breve fuori di vista”.

Il ragno volava, si era costruito una “mongolfiera” con la propria ragnatela!
Non che Charles Darwin fosse il primo a osservare il fenomeno, i viaggi aerei dei ragni erano già ben noti. E non solo per i ragni. Scrive ancora Darwin: “ Vi sono molte relazioni su insetti trasportati dal vento al largo della Patagonia. […] L’esempio più notevole che conosco di un insetto catturato lontano dalla costa, è quello di una grossa cavalletta (Acrydium) che volò a bordo quando il Beagle era sopravvento delle Isole del Capo Verde e quando la terra più vicina […] era il Capo Bianco sulla costa dell’Africa, distante 370 miglia”.

Darwin si imbarcò sul Beagle nel 1831, quando aveva ventidue anni, e tornò in Inghilterra cinque anni più tardi, dopo aver toccato le coste del Sud America, dell’Oceania, dell’Africa e di nuovo del Sud America.
In quei cinque anni Darwin fece osservazioni di geologia, raccolse innumerevoli campioni di animali e piante, anche fossili – molti dei quali sconosciuti – entrò in contatto con popolazioni indigene. Sfido chiunque a non essere affascinato da una così grande, meravigliosa, romantica avventura umana e scientifica! Io ammetto di essere anche un bel po’ invidioso.

Ma sto divagando: torniamo agli insetti e ai ragni volanti.

Siamo nel 1926, è passato quasi un secolo dal viaggio del Beagle. Nel frattempo gli entomologi hanno cercato in vari modi di scoprire qualcosa in più su tutti questi animaletti che si fanno trasportare dal vento: si sono arrampicati su piloni, hanno rotto le scatole a guardiani di fari e scalatori di montagne, hanno provato a catturare insetti ad alte quote usando palloni e aquiloni. Non sono riusciti a scoprire un granché. Ma il 10 agosto del 1926, da una pista in Louisiana, negli Stati Uniti, decolla il primo aeroplano dotato di trappole per catturare insetti a scopo di studio. Vola per dieci minuti e riesce a catturare qualche farfalla e alcune vespe. Non molto ma, da quella prima volta, migliaia di altri voli hanno permesso di catturare decine di migliaia di insetti e ragni, di 700 specie diverse, ad altezze impressionanti: fino a oltre 5000 metri di quota.

Qualche giorno fa mi è capitato di vedere questo filmato, realizzato dalla NPR. Io ci ho aggiunto i sottotitoli in italiano. Mi sono preso alcune libertà nella traduzione ma mi pare che, tutto sommato, funzioni.
PS: ho trovato le notizie sui voli del 1926 in Insectopedia, un libro interessante che mescola storia, scienza, antropologia, filosofia, cultura popolare, tutto incentrato sugli insetti. Purtroppo è solo in inglese.

Chi invece fosse interessato al viaggio di Charles Darwin, a questa pagina può scaricare gratis una versione del libro, in vari formati, sotto il titolo di Diario di un naturalista giramondo. Si tratta della traduzione ottocentesca di Michele Lessona, il quale ebbe il merito di tradurre parecchie opere di Darwin e di divulgarne il pensiero in Italia.

giovedì 14 ottobre 2010

Aladar Mezil e il metodo scientifico

A una certa età i ricordi tornano a sprazzi. Senti una canzone, vedi un'immagine, senti un odore e ti torna in mente qualcosa che si era persa nella soffitta della mente.

Oggi mi è capitato con un vecchio cartone animato degli anni '80. Del secolo scorso, quindi. Questo fa sentire vecchi.

Comunque, il cartone animato si intitolava La famiglia Mezil: una famiglia più o meno normale, con padre impiegato insoddisfatto, mamma casalinga, cane, gatto, sorella e soprattutto Aladar Mezil, il ragazzino genio della scienza, il quale trascina la famiglia in strampalate avventure.
Da tempo ho felicemente rinunciato alla tivù, ma una puntata di questo cartone me la riguarderei volentieri.

Tutto ciò era solo per introdurre questo poster che illustra il metodo scientifico. Il personaggio è ispirato a Aladar Mezil, appunto. Il disegno l'ho trovato qui.

domenica 10 ottobre 2010

Un'avventura sul Nilo



Tu dirai: ancora matematica! A volte non se ne può fare a meno, Signore.” Chi pronuncia queste parole è il grande Eratostene, rivolto al sovrano Tolomeo IV Filopatore. Le si trova scritte in una delle ultime pagine del romanzo La chioma di Berenice, di Denis Guedj, matematico e scrittore scomparso pochi mesi fa.

Ora, so bene che cominciare la presentazione di un romanzo con una citazione sulla matematica significa che la maggioranza dei lettori eviterà il libro come se fosse infetto. Quindi preciso che di matematica -quella con numeri, operazioni, regoline- ce n’è ben poca. È la storia di un’avventura sul Nilo: ci sono alligatori pericolosi, battaglie, una storia d’amore, intrighi e cospirazioni alla corte del faraone, delitti efferati. Soprattutto c’è il racconto di una delle grandi avventure scientifiche dell’uomo.

Terzo secolo avanti Cristo, una spedizione parte da Alessandria d’Egitto con un obiettivo ambizioso: misurare il mondo.
Per la verità: la spedizione deve “solo” misurare la distanza tra Alessandria e Siene (oggi Assuan). Con questo dato, ci penserà poi il grande Eratostene a calcolare la circonferenza della Terra.

Se sfogliate il libro di aritmetica di prima media, dove si parla di numeri primi, e magari anche quello di scienze, dove si parla del pianeta Terra, il nome di Eratostene salta fuori di sicuro. Perché Eratostene è un personaggio storico ed è stato davvero un grande. E ha davvero usato la distanza tra Alessandria e Siene per determinare la misura del meridiano terrestre. Il metodo è descritto nel libro (e magari ne parlerò in un prossimo post).

Per ora soffermiamoci sulla spedizione lungo il Nilo: è un’invenzione di Guedj. In realtà nessuno sa come facesse Eratostene a conoscere la distanza tra le due città. Alcuni pensano che sia stata misurata in ore di cammino di cammello, probabilmente invece fu frutto di una grande campagna di misurazioni che sfruttava agrimensori ufficiali del re. Guedj, per il romanzo, sceglie il metodo del bematista. Cos’è un bematista? È una specie di strumento di misura umano, uno che misura le distanze contando i propri passi.

Accade spesso nei libri di Guedj: la fantasia si mischia alla realtà storica. Ne esce un impasto affascinante, nel quale personaggi inventati incontrano grandi personaggi storici. È inventato il protagonista principale, Teofrasto Excelsior (Teo), è inventato Beton il bematista, è reale Eratostene. Sono realistiche e molto accurate le descrizioni dello sfondo: la città di Alessandria d’Egitto, con il suo magnifico faro –una delle sette meraviglie del mondo antico-, con la Grande Biblioteca -la raccolta di libri (rotoli di papiro, in effetti) più maestosa e famosa del mondo-. Poi le piramidi, la piena del Nilo, le tradizioni degli antichi egizi. Tutto molto curato, tanto che qua e là il romanzo si perde e ti trovi a leggere un’opera di saggistica. La storia sparisce per far posto alla Storia.

Questo è il punto di forza dei romanzi di Denis Guedj. Ed è anche il loro punto debole. Dà una piacevole sensazione godersi una bella storia e accorgersi che nel frattempo si è imparato qualcosa, ma se l’intento divulgativo fa sparire la storia, se la didattica pesa troppo, il libro rischia di non funzionare più.

Un esempio: avevo consigliato Il teorema del pappagallo, il libro di Guedj più venduto, nel quale l’indagine su un omicidio si intreccia con alcune delle tappe fondamentali della storia della matematica . Una ragazza mi ha confessato di averlo letto fino in fondo. Saltando le parti dove si parla di matematica!
Per lei il libro non ha funzionato.

La chioma di Berenice dovrebbe essere più facile da leggere: la storia è scorrevole, la matematica c'è ma quasi non si nota. Se qualcuno decide di leggerlo (o lo ha già letto) mi faccia sapere.

Aggiungo il collegamento a un'intervista a Denis Guedj su La chioma di Berenice.

PS: il ritratto di Guedj ad acquarello è opera mia, infatti non è molto somigliante. I commenti entusiasti sono i benvenuti.