Hans e Von Osten (fonte) |
Kluge Hans, lui sì, era uno che contava! Mica per niente lo hanno chiamato Kluge Hans, Anselmo l'Intelligente (Clever Hans, per gli inglesi). Anzi, diventò famoso proprio perché contava.
La storia è questa: alla fine del ‘800, un ex professore di matematica, Wilhelm Von Osten, decide di insegnare i rudimenti del calcolo al proprio cavallo. Viene da pensare che sia un insegnante molto appassionato. Oppure che abbia una scarsa considerazione dei suoi studenti: deve essere convinto che, se è riuscito ad insegnare ogni giorno a quegli asini dei suoi scolari, riuscirà ancora meglio con un cavallo.
Il cavallo in questione è Hans e sembra davvero imparare a far di conto.
Von Osten stesso è stupito. Piazze intere di persone lo sono ancora di più quando le abilità del cavallo vengono mostrate in pubblico. Il professore fa una domanda – “quanto fa 4 più 3?” – l’allievo equino la capisce (già questo potrebbe meravigliare) e risponde battendo sette colpi con uno zoccolo.
Sembra di vederlo, Von Osten, che annuisce soddisfatto e pensa “questo cavallo mi dà più soddisfazioni dei miei studenti al ginnasio”.
Kluge Hans sul Berliner Morgenpost del 13 agosto 1904 (fonte) |
Le abilità matematiche di Anselmo l’Intelligente attirano le attenzioni, oltre che del pubblico, degli scienziati. Almeno una dozzina di studiosi esamina il caso. I risultati sono sempre più sorprendenti: non c’è trucco, non c’è inganno, dicono.
Von Osten non è un truffatore, tanto è vero che Hans risponde bene anche senza il padrone. Ma un “trucco” c’è.
Se ne accorge Oskar Pfungs, un ricercatore più scettico degli altri. Le sue verifiche, più rigorose e un po’ più ingegnose delle precedenti, mostrano che, se non può vedere l’uomo che gli pone le domande, il cavallo non riesce a rispondere correttamente. Lo stesso capita se l’uomo stesso non conosce le risposte.
Ne viene fuori che Hans non sa le risposte, le copia dal vicino di banco, per così dire. Cioè: ha una grande abilità nel percepire piccoli movimenti involontari da parte dell’uomo che fa le domande. Cambiare posizione del corpo, piegare un po’ la testa o anche solo tendere i muscoli, suggerisce al cavallo quando cominciare a battere con lo zoccolo e quando fermarsi.
Hans l’Intelligente, in fin dei conti, non sapeva fare i conti. Ma di certo era molto attento a quello che gli diceva l’insegnante, tanto attento da capire perfino quello che l’insegnante non voleva dirgli.
Ora, a me non piacciono molto le storie “con la morale” , e ancora meno mi piacciono quelli che cercano di spiegarmi la morale, che è un po’ come spiegare le barzellette. La storia del cavallo bravo in matematica, di morali ne ha tante (forse). Le lascerei a voi ma non resisto a buttarne lì almeno a un paio:
1) Un gesto vale più di mille parole. All’epoca di Kluge Hans ancora non era chiaro, ma ormai si è compreso che non sono solo le parole o i gesti volontari a permetterci di comunicare con il resto del mondo e influenzare chi ci sta attorno. Il nostro corpo “parla” anche con gesti e posture che sfuggono al nostro controllo. Nel leggere questi messaggi, alcuni animali (e certi studenti durante un’interrogazione) hanno sensibilità che gli umani non hanno. In effetti tutti noi, spesso senza rendercene conto, reagiamo al linguaggio del corpo di chi ci è davanti. Non conta tanto quello che uno dice ma come lo dice, e cosa fa mentre lo dice. È un fatto che cerco di tenere presente, considerato che, per almeno 18 ore alla settimana, sto davanti a gruppi di una ventina di persone e tento di comunicare con loro (va bene, non sto sempre davanti ma ci siamo capiti). Qui vale pena di accennare al fatto che la regola vale anche nel verso opposto: anche gli studenti parlano senza parlare (presi una ventina per volta o singolarmente).
2) Non è tutto oro quello che luccica. È molto semplice farsi imbrogliare da quello che si vede e il mondo è stracolmo di credenze infondate, non tutte diffuse con malafede (ma alcune sì). “Tutti sanno che è così” oppure “Si è sempre fatto in questo modo” o ancora “Si vede chiaramente” e perfino “C’è scritto nel libro” non sono buone spiegazioni. Il dubbio è un valore da coltivare. E, per quanto riesco a vedere, l’indagine scientifica acuta e rigorosa è ancora lo strumento migliore per scoprire la realtà.
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