lunedì 26 settembre 2016

Franco Loi, “Cume me pias el mund!”


Una cattiva abitudine, ripetuta abbastanza a lungo, diventa una tradizione. E le tradizioni vanno rispettate.

Su questo blog si è ormai affermata la consuetudine di rispettare sempre gli appuntamenti… ma con adeguato ritardo! Direi che stavolta la tradizione è fin troppo rispettata, dal momento che questo è il post di apertura dell’anno scolastico – il quale ha già avuto la fretta di iniziare un paio di settimane fa. (Sì sì, è proprio così, chi l’avrebbe mai detto, eh?)

Ora, non tutte le tradizioni nascono da cattive abitudini, alcune derivano da scelte consapevoli. È il caso, ad esempio, dell’usanza di iniziare l’anno scolastico con una poesia.

In origine pensavo di scegliere poesie che avessero in qualche modo a che fare con la matematica o le scienze, magari alla lontana (vedi ad esempio qui e un pochino anche qui).
Poi però mi sono ricordato che l’intenzione iniziale di questo blog era sì fare didattica ma più in generale fornire spunti interessanti, stimolare qualche curiosità, alimentare la passione per la bellezza del mondo.
Ecco, tra le cose belle ci sono (che ci crediate o meno) le scienze e la matematica. Ma non solo!

Insomma, se è vero che c'è un tesoro in ogni dove (e SO che è vero), darsi dei confini nella ricerca sarebbe uno spreco.

Allora, prima di esagerare con gli sproloqui, butto sul piatto la poesia che ho scelto.
Stavolta più che mai non ha bisogno di spiegazioni, mi pare. D'accordo, Franco Loi scrive in dialetto milanese ma la traduzione che trovate sotto mi pare chiara chiarissima.

A voi non resta che leggerla, magari chiudere gli occhi e vedere le immagini. (L'ideale sarebbe forse leggerla ad occhi chiusi, ma io non ci sono mai riuscito.)
A me non resta che augurare a tutti un buon anno scolastico!

Franco Loi (fonte immagine)

Cume me pias el mund! L’aria, el so fiâ!
j àrbur, l’èrba, el sû, quj câ, i bèj strâd,
la lüna che se sfalsa, l’èrga tra i câ,
me pias el sals del mar, i matt cinâd,
i càlis tra i amís, i abièss nel vent,
e tücc i ròbb de Diu, anca i munâd,
i spall che van de pressia cuj öcc bass,
la dònna che te svisa i sentiment:
l’è lí el mund, e par squasi spettàss
che tí te ‘l vàrdet, te ghe dét atrâ,
che lü ‘l gh’è sempre, ma facil smemuriàss.
tràss föra ind i pernser, vèss durmentâ…
Ma quan’ che riva l’umbra de la sera,
‘me che te ciama el mund! cume slargâ
te vègn adòss quèl ciel ne la sua vera
belessa sena feng nel so pensàss,
e alura del tò pien te càmbiet cera.


Come mi piace il mondo! l’aria, il suo fiato!
gli alberi, l’erba, il sole, quelle case, le belle strade,
mi piace il salso del mare, le matte stupidate,
i calici tra gli amici, gli alberi nel vento,
e tutte le cose di Dio, anche le piccolezze,
e i tram che passano, i vetri che risplendono,
le spalle che vanno di fretta a occhi bassi,
la donna che ti turba i sentimenti:
è lí il mondo, che sembra aspettarsi
che tu lo guardi, che gli dai retta,
poiché lui c’è sempre, ma è facile dimenticarlo,
distrarsi nei pensieri, essere addormentati…
Ma quando arriva l’ombra della sera,
come ti chiama il mondo! come si allarga
e ti viene addosso quel cielo nella sua vera
bellezza senza finzioni nel suo riflettersi,
e allora per la tua pienezza cambi colore.

Franco Loi, da Isman, Einaudi 2002 

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