domenica 28 aprile 2019

Prove e provette 3: la capillarità.

In prima B abbiamo di nuovo giocato con l'acqua.
Stavolta l'abbiamo vista arrampicarsi sui vetri!
E l'abbiamo pure filmata.


MATERIALE OCCORRENTE
  • Due vetrini portaoggetto;
  • Una spatola (serve solo per mescolare l'acqua e il colorante);
  • Una piastra di Petri (ma va bene anche un piattino o un qualunque contenitore basso);
  • Colorante per alimenti;
  • Un bicchiere;
  • Un po' di acqua.

PROCEDIMENTO
  1. Unire l'acqua e il colorante. Mescolare bene, in modo che l'acqua abbia un colore uniforme.
  2. Versare l'acqua nella piastra di Petri.
  3. Disporre i due vetrini a V. D'accordo, questa frase è un po' sibillina (ma confido che nel video la questione si chiarisca qjuanto basta). Per dirla tutta, avremmo fatto meglio a rendere il tutto più stabile: bastava inserire un piccolo spessore - magari uno stuzzicadenti - tra i due vetrini e stringerli da un lato con una molletta.
  4. Immergere il lato corto dei vetrini nell'acqua.

OSSERVAZIONI

L'acqua tende a salire, come se si arrampicasse sul vetro. Più si riduce la distanza tra i due vetrini, più l'acqua sale.

CONCLUSIONI

Tra le molecole d'acqua ci sono delle forze di attrazione, dette di coesione. Sono quelle che causano, ad esempio, la tensione superficiale dell'acqua
Ma anche tra acqua e vetro ci sono delle forze di attrazione. In questo caso si usa chiamarle forze di adesione.

Se si guarda da vicino un bicchiere d'acqua (meglio ancora in una provetta, se l'avete a disposizione) è facile vedere che la superficie dell'acqua forma una conca. Il nome che si dà a questa conca è: menisco.

Nel caso dell'acqua il menisco è concavo, come si vede nella foto. Le forze di adesione acqua-vetro sono superiori alle forze di coesione tra le molecole di acqua, perciò dove il liquido è a contatto con il vetro, tende a salire verso l'alto. L'acqua bagna il vetro, come si usa dire.

Se si cambia il liquido (ad esempio olio invece dell'acqua) oppure se si cambia il materiale del contenitore (magari plastica anziché vetro), la forma del menisco può cambiare fino anche a diventare convessa. L'esempio classico è quello del mercurio in un tubicino di vetro: le forze di coesione superano quelle di adesione e le molecole del liquido tendono a "scappare via" dal vetro. Il mercurio non bagna il vetro.

Torniamo al nostro caso: quando la distanza tra i due vetrini è maggiore, il numero di molecole d'acqua a contatto con il vetro è relativamente piccolo. Via via che la distanza tra i vetrini diminuisce, aumenta il numero di molecole d'acqua che toccano il vetro. Per questo le forze di adesione prevalgono sempre di più sulle forze di coesione. E l'altezza della colonna d'acqua aumenta.

Ecco, questo comportamento dell'acqua che "si arrampica" è molto più importante e diffuso di quanto possa sembrare. Si chiama capillarità.
A scuola o nei laboratori, per mostrare la capillarità in azione il più delle volte si usano dei tubicini di vetro molto sottili, i capillari. Basta infilarne un'estremità in un bicchiere d'acqua e si vede il liquido salire nel capillare.
Ma l'acqua si arrampica praticamente ovunque trovi degli spazi abbastanza stretti: tra i granelli di una zolletta di zucchero, nella trama di un tessuto, nelle porosità della carta assorbente. Oppure nei vasi conduttori delle piante, quei tubicini che dalle radici portano la linfa su su fino alla cima degli alberi. La linfa - che in fondo è acqua con qualche sale disciolto - viene raccolta dal terreno e portata a tutte le foglie, senza l'intervento di muscoli, pompe, motori o altro.

Basta dedicare qualche secondo a considerare come le piante usino quell'acqua per fare la fotosintesi, cioè per produrre nuova materia organica e ossigeno, cioè quello che noi usiamo per mangiare e per respirare. Basta questo per intuire come la capillarità non sia roba da poco, in fin dei conti.

giovedì 4 aprile 2019

Sarà mica matematica 47, le soluzioni

Pochi, ma buoni.
Questo potrebbe essere il riassunto di questa tornata di giochi matematici.
Pochi, proprio un po' troppo pochi, hanno risposto. Ma le risposte non sono malaccio e, seppure con po' di sforzo, mi dichiaro soddisfatto.
Le risposte di cui si parla, qui, sono quelle ai quesiti della puntata numero 47 di Sarà mica matematica. Erano due quesiti.

IL PRIMO

Bisogna cominciare con Simone S. Intanto perché è stato il primo a inviare le risposte. Poi perché bisogna onorare la sua decisione di passare, dopo quasi tre anni di risposte su carta, alla email. Intendiamoci: apprezzo sempre molto i fogli scritti a mano; ne ho ricevuti alcuni davvero belli, creativi, colorati. Ma copiare e incollare da una mail mi viene moolto più comodo!

Ed è proprio quello che faccio con la mail di Simone:
Per risolvere questo problema ho iniziato calcolando la misura in gradi che compie la lancetta dei minuti in un minuto; per farlo ho pensato che la lancetta in un'ora compie 360° divisi in 60 minuti perciò per calcolarla ho fatto 360° : 60 ed il risultato è stato 6°.
Fosse così, sarebbe facile calcolare l’angolo alle otto e diciannove ma in realtà, mentre avanzano i minuti, avanzano anche le ore che però, per compiere un giro, ci impiegano 12 ore. Per questo vanno alla velocità di 1/12 rispetto ai minuti cioè 0°30’ al minuto (30° all’ora).
Dopo aver trovato questi dati ho iniziato a calcolare l’ampiezza dell’angolo alle ore 20 e 19; ho iniziato sommando la distanza tra il 40 e il 20 ovvero: 30° x 4 = 120°. A questi ho poi sommato i gradi che ci sono tra il 20 e il 19 = 6°.

Qui Simone fa riferimento all'immagine che ha allegato e che aiuta a capire meglio.. Io la riporto dopo essermi tolto lo sfizio di colorarla un tantino.
A questo punto ho iniziato a ragionare sulle ore. Se i minuti fossero stati 20, le ore sarebbero a un terzo del loro percorso verso il 45; sarebbe 30° : 3 cioè 10°. In realtà non è un terzo ma 10° - il tratto che percorre la lancetta delle ore in un minuto (0° 30’) = 9° 30’.
Sommando tutti gli elementi mi è venuto: 120° + 6° + 9° 30’ = 135° 30’.
Questa è la mia soluzione al quesito.

Confesso che a un certo punto ho un po' perso il filo dei pensieri di Simone. Mi sono dovuto concentrare per ritrovarlo.
Fatto sta che la risposta funziona.

Più schematica la risposta di Elisa S.
Per sapere l'ampiezza dell' angolo fra la lancetta dei minuti e quella delle ore procedo così:

360° angolo giro = 60 minuti.
360°÷ 60= 6° di spostamento della lancetta ogni minuto.
19 minuti × 6°= 114° posizione della lancetta dei minuti.

Posizione della lancetta delle ore:
La lancetta delle ore si sposta ogni ora di un dodicesimo dell' angolo giro = 360°÷ 12= 30°
30° × 8 ore = 240°.
Aggiungo lo spostamento dei 19 minuti = 30° ÷ 60 minuti = 0,5.

Trasformo in gradi = 0° 30', spostamento in gradi della lancetta ogni minuto.
0° 30' × 19 minuti = 9° 30'.
240°+ 9° 30'= 249° 30' posizione della lancetta delle ore

L' angolo tra le due lancette quindi è di 249° 30' - 114°= 135° 30'.


Ivan R produce una risposta moolto articolata, che sfrutta alcuni suggerimenti dati in classe e - meraviglia delle meraviglie! - utilizza le proporzioni. Sembra quasi che il lavoro che si fa a lezione non vada del tutto inascoltato! :-)
La prima domanda è: SE L’ORARIO E’ ALLE 20:00, QUANTO MISURA L’AMPIEZZA DELL’ANGOLO FORMATO DALLE LANCETTE?
 

Prima calcolo l’angolo che forma la lancetta dei minuti quando compie uno spostamento di una tacca: dobbiamo contare il numero di tacche dell’orologio, che sono 60 tacche; poi dobbiamo sapere l’angolo che forma una lancetta in un giro completo, che è 360°. Quindi dobbiamo dividere 360° per 60 => 360:60= 6°.

Ora calcolo la misura dell’angolo tra la lancetta delle ore quando è sulle 20:00 e il prolungamento della lancetta dei minuti quando è sulle 00, cioè l’angolo evidenziato in blu nella figura sotto.

Conto tutte le tacche comprese sotto l’angolo, che sono 10; poi moltiplico il numero delle tacche per l’angolo formato dalla lancetta dei minuti quando compie uno spostamento di una tacca, 6°; quindi 10x6°=60°. Ho così calcolato l’angolo evidenziato in blu.

Per trovare tutto l’angolo concavo tra le lancette delle ore e dei minuti quando sono le 20:00, sommo all’angolo blu l’angolo piatto in verde: 180°+60°= 240°.

Ho trovato l’angolo formato all’ora 20:00.

Ora devo trovare l’angolo formato alle ore 20:19!

Uso lo stesso ragionamento però con un particolare: la lancetta delle ore si è spostata di un po’!

Baso il mio ragionamento sul fatto che la lancetta delle ore si sposta di 5 tacche ogni ora mentre la lancetta dei minuti compie un giro completo di 60 tacche.
Per calcolare di quanto si sposta la lancetta delle ore per ogni minuto che passa…uso una PROPORZIONE!!!

Il numero di tacche che la lancetta delle ore compie ogni ora (5) sta a tutte le tacche dell’orologio (60) come x (cioè di quanto si sposta la lancetta delle ore ogni minuto) sta a 1 minuto:
5 : 60 = X : 1     =>   X =  5 x 1 : 60 =  5 : 60 =  0,08333…
Quindi la lancette delle ore si sposta ogni minuto di 0,08333 tacche…! 

Ora calcolo di quanto si è spostata la lancetta delle ore in 19 min, essendo le 20:19.
Sapendo che la lancetta delle ore si sposta di 0,08333… tacche ogni minuto, calcolo lo spostamento della lancette delle ore:
0,08333… x 19 = 1,583 approssimato ai millesimi;

Ora conto il numero delle tacche compreso tra la lancetta dei minuti e quella delle ore: 
numero di tacche= 1+5+5+5+5+1,583=22,583 

Ora calcolo l’angolo tra la lancetta dei minuti e quella delle ore, moltiplicando il numero delle tacche per l’angolo formato dalla lancetta dei minuti quando compie uno spostamento di una tacca, che ho calcolato prima essere pari a 6°.
Angolo delle 20:19 = 22,583 x 6° =  135,50 approssimato ai centesimi

Ora devo trasformare il risultato in gradi e primi: 
Angolo delle 20:19 (= 135° e 0,50 x 60) = 135° 30’
 
Arriva a una risposta valida anche Gabriele P., il quale mi invia una mail con la scansione del foglio di carta con la sua soluzione. Non proprio comodissima da pubblicare qui.

Vale la pena di citare anche gli altri tre che hanno tentato di rispondere, anche se stavolta non sono riusciti a trovare una strada che portasse alla vittoria sul quesito. la domanda non era delle più facili e lloro ci hanno provato, direi, senza aiuti esterni. Meritano senza dubbio l'onore della pubblicazione! Sono: Dejzi B, Greta V e Marco D.



IL SECONDO

Comincierei riportando l'immagine animata che costituisce il quesito. Mi pare utile per seguire meglio i ragionamenti dei solutori.
Se il lato del quadrato iniziale è 8 cm, qual è l'area del cuore finale? Questa la domanda.
Do la parola ai solutori. Anzi, alle solutrici (solo due!)

Greta V:
Sappiamo che il lato del quadrato iniziale è di 8cm. Iniziamo a calcolare la sua area (come sappiamo per calcolare l'area del quadrato, bisogna fare il lato alla seconda, ovvero lato x lato):
8 alla seconda = 8 x 8 =  64 cm quadrati.
Nel passaggio successivo il quadrato viene dimezzato, quindi facciamo:
64cm quadrati diviso 2. Il risultato è di 32cm quadrati.
Dopodichè l'origami di 32cm quadrati viene suddiviso in altri 4 quadratini più piccoli e, piegandolo, ne rimane solo 1, quindi:
32 cm quadrati fratto 4 = 8 cm quadrati. 
Il quadratino di 8cm quadrati (che quindi rappresenta un quarto del quadrato di 32 cm quadrati) viene suddiviso in altri 4 quadratini ancora più piccoli. Uno di essi, poi, verrà tolto per fare la forma del cuore, quindi:
8 cm quadrati fratto 4 = 2cm quadrati.
Così noi sappiamo l'area di ciascuno dei 3 quadratini, quindi non ci resta che fare:
2 cm quadrati x 3 = 6 cm quadrati,
 che è l'area del cuore finale.

Elisa S:
Area totale del quadrato di lato 8cm = 8 × 8 = 64 cmq
Nella prima piega l'area si dimezza: 64 ÷ 2 = 32 cmq
Nella seconda l'area si divide in 4 quindi 32 ÷ 4 = 8 cmq
Nella terza l'area diminuisce ancora di 1/4.  8 ÷ 4 = 2 cmq
Quindi l'area del cuore è 8cmq - 2 cmq = 6 cmq,  cioè 1/8 del totale.


Simone S e Ivan R ci hanno provato e ci sono quasi riusciti. Ma alla seconda piegatura entrambi vedono il quadrato dimezzarsi, mentre in effetti si divide in quattro. La loro è una mancanza di osservazione, non di ragionamento. Ma anche osservare ha la sua importanza, ovviamente.

Con questo si chiude anche questa puntata.
Come al solito mi complimento con tutti quelli che ci hanno provato davvero.
Buoni, ma pochi.